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LA NAVE
DOVE LAMETTO?
EDITORIALE
C’è un’evidente discrasia tra l’Italia magnifica costruttrice di navi da diporto e l’Italia che
offre ad esse posti dove ormeggiare. Assolutamente eccellente la prima, a livello mondia-
le, estremamente discontinua e disordinata la seconda a livello nazionale. Per trovare in
ciò una paradossale coerenza, basti pensare alle dream car che siamo in grado di costru-
ire e lo stato di abbandono che, soprattutto in certe aree, caratterizza il nostro sistema
stradale. Fatto sta che questo meraviglioso pontile naturale che spinge l’Europa fino al
centro del Mediterraneo - e che,
come tale, potrebbe essere il pa-
radiso dello yachting internazio-
nale della classe più elevata - è in
realtà un luogo da forzato “
touch
and go
”, laddove il
touch
consiste
in soste talvolta avventurose per
mancanza di approdi adegua-
ti per capienza e/o per fondali,
mentre il
go
consiste nel dirotta-
re appena possibile verso luoghi
decisamente meno belli e meno
ricchi di storia ma decisamente
più accoglienti e sicuri sul piano
strettamente infrastrutturale.
Perché – sia chiaro – sul piano
dell’accoglienza intesa come va-
lore umano e capacità di sod-
disfare persino le richieste più
strane, il nostro Paese è di gran
lunga meglio attrezzato.
Serve un elicottero per trasbor-
dare a Pompei i passeggeri di
uno yacht ancorato nel golfo di
Napoli? Il cane dell’armatore non
può fare a meno di un vero prato
all’inglese per fare la sua passeg-
giata igienica sull’ampia plancia di
poppa? È necessario un interpre-
te simultaneo thailandese-ucraino
per mettere a suo agio un ospi-
te imprevisto? Nessun problema
per ciascuno di questi casi reali,
che ci sono stati raccontati da
Francesco Luise, titolare dell’o-
monimo gruppo napoletano che,
fin dal 1847, sa bene come destreggiarsi professionalmente in questo genere di cose.
È dunque bene sottolineare che rafforzare decisamente la capacità fisica di ricevere le
navi appartenenti a questo tipo di clientela significa dare sbocco immediato a un indotto
dal valore incalcolabile e aprire una prospettiva importante in termini di posti di lavoro.
Altri, all’estero, lo hanno già ben compreso. Battendoci sul tempo.
Corradino Corbò