

Il 2021 è stato un anno di transizione. La memoria ince-
spica cercando di ricordare i primi mesi, ancora oscura-
ti dalla paura del virus, inframezzati da mini lockdown,
soprattutto nel nord Italia. Un anno costellato di espe-
rienze dure: amici e parenti ammalati o che, purtroppo,
ci hanno lasciato. Non è stato un periodo facile, anche
se meno spaventoso del 2020 (forse, semplicemente,
perché eravamo già abituati al peggio).
Però non è stato neanche un anno di pausa, come acca-
duto invece nel 2020. Non c’è stato uno stop delle atti-
vità, anzi. Il mercato orologiero ha vissuto un risveglio
non facilmente prevedibile. Trainato dalle vendite del
vintage, che grazie alle aste online hanno subito una
spinta vertiginosa, e dalle politiche oculate di molte
Case, l’orologeria ha ripreso a farci sognare.
Per un appassionato questa vitalità è anche un
riscatto: la voglia di lasciarsi alle spalle mesi
bui e riprendere a dedicarsi a ciò che piace.
Dopo un’estate abbastanza serena, a settem-
bre tutto il settore ha scoperto che si poteva
tornare a incontrarsi. Il green pass in Europa
ha facilitato gli spostamenti e gli eventi in pre-
senza, e nessuno si è tirato indietro, davanti
alla possibilità di condividere esperienze quasi
dimenticate. Si è iniziato con i Geneva Watch Days,
poi Vicenzaoro in Italia, seguita dal W.O.I. di Torto-
na, quindi una moltitudine di incontri. Elencherò quelli
più grandi e a cui ho preso parte di persona: il lancio
dell’Hublot DJ Snake a Parigi; l’evento IWC con
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a Milano; la visita della manifattura Chopard,
a Fleurier, per il suo 25esimo anniversario; il viaggio
in manifattura Roger Dubuis con
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; la
reunion di collezionisti Longines a Barcellona; il lancio
internazionale dell’Omega Speedmaster Chronoscope
a Milano; finalmente, l’“inaugurazione” della boutique
Grand Seiko, aperta già da un anno, a Parigi; la visita
al museo Audemars Piguet di Le Brassus; e, infine, la
Dubai Watch Week, dal 24 al 28 novembre. Nel mezzo,
decine di altre presentazioni e di lanci di novità in Italia,
soprattutto a Milano, compreso l’evento di presenta-
zione de
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numero 300, insieme agli amici de
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, in collaborazione con Breitling e la
gioielleria Cornali di Bergamo. A questi si aggiungono
il Grand Prix d’Horlogerie di Ginevra e l’asta biennale
Only Watch, cui dedichiamo due articoli su questo fa-
scicolo.
Settembre, ottobre e novembre, insomma, sono stati
mesi ricchi di notizie e attività. Ecco perché, in questo
anno particolare, che somiglia a una scatola inclinata da
un lato, con il contenuto che si addensa sul finale, ab-
biamo deciso di cambiare
la struttura del nostro Al-
manacco. Le notizie non
le troverete raccontate in
ordine cronologico, ma
per temi. Scopriamo così quali sono gli argomenti che
più hanno segnato l’orologeria nel 2021, a cominciare
dalla sostenibilità per passare alle numerosissime part-
nership, in modo da darvi una visione articolata di quel-
lo che è il settore orologiero.
Come ogni anno, l’Almanacco sarà la vostra guida alla
comprensione di un mondo affascinante, coinvolgente
e guidato in molti casi (non fatevi fuorviare dalle ecce-
zioni) dalla passione.
EDITORIALE
U
N
ANNO
DIVERSO
Editoriale
ei discorsi fra addetti ai lavori, negli off-the-record delle interviste, fra le righe degli editoriali, sui com-
menti di Instagram, c’è una strisciante nostalgia verso un tempo passato. Verso un’industria orologiera
che necessariamente non esiste più. Il riferimento è spesso agli anni ’90, a un periodo d’oro per questo set-
tore, del quale si ricorda lo spirito pioneristico, il fervore delle idee, la dimensione umana dei rapporti. Il
tempo in cui la fiera di Basilea ancora non era grande né – ancor meno – a rischio implosione. Quando
Cartier ancora non si era scissa per creare il proprio Salone a Ginevra. Quando Franck Muller era un ragaz-
zino timido, ultimo arrivato nell’Accademia dei Creatori Indipendenti, e ci si chiacchierava a quattr’occhi nei
corridoi di Basel. A sentire chi c’era, sembra il paese dei balocchi. Le cui luci e giostre si sono riaccese il
giorno in cui due maghi, svegliatisi di buon umore, dal nulla hanno creato lo Swatch. E, con un trucco da
illusionisti, hanno risollevato d’un tratto le sorti dell’industria svizzer .
Il passato è bello p rché si era tutti più giovani. erché, a pensarci, si sente ancora l’energia ch gonfiava le
vene. È vero che c’era uno spirito quasi pioneristico, quando l’orologeria si è risvegliata dal letargo forzato
durato vent’anni. Ed è sicuramente vero che è stato bello per chi ha vissuto
quel momento. Ma anche allora non sono mancati i cambiamenti. L’uscita
di Cartier dalla Fiera di Basilea (ancora non si chiamava Baselworld) ha por-
tato alla nascita del Sihh e a un duopolio fieristico che ha contraddistinto il
settore per oltre 30 anni: non poi così poco. La successiva concentraz one
dell marche all’inter o di gruppi
del lusso ha portato una pioggia di
investimenti nel settore, che le Case
orologiere da indipendenti non si
sarebbero potute permettere. Ha
creato un periodo di splendore, in
cui quelle che erano in tutto e per
tutto “fiere campionarie” hanno ini-
ziato a chiamarsi Saloni e a offrire un ambiente e un’esperienza di lusso ai
visitatori.
Buffo, quando si è cominciato a parlare di lusso in orologeria. All’inizio fu
una parola quasi rifiutata. Come se anche solo l’idea contaminasse l’integrità
di u ’indu tria fatta di macchine, olio, trucioli di metallo, artigiani e maestranze (oltre che di maghi, anziché
manager). Non tutti compresero subito l’importanza del cambiamento. La portata epocale del passaggio da
oggetto meccanico a prodotto di lusso, da firme orologiere a brand aspirazionali. Il cambiamento tuttavia è
avvenuto. E non è stato il male assoluto.
Ogni trasformazione ci allontana dall’illusione di sicurezza che ci dà il conoscere già una situazione. Abbiamo
imparato a muoverci, anche solo logisticamente parlando, in un ambiente, in una realtà organizzata in un
certo modo e doverci abituare a una nuova dimensione ci fa sentire più spaesati che se la affrontassimo per
la prima volta. cco da dove nasce la nostalgia: è figlia della resilienza.
Quest’anno l’orologeri vede un cambiamento che ri u rda il settore fieristico, con il Sihh che si trasforma
in Watches & Wonders Genève e congiunge le sue date a quelle di Baselworld, tra fine aprile e inizio mag-
gio. Ogni marca e gruppo ha preso o sta per prendere una posizione in merito: chi non esporrà né a Basilea
né a Ginevra (come altri già lo scorso anno), chi aggiungerà un appuntamento indipendente a inizio anno
Poi ci sono i tanti e importanti nomi che continueranno a esporre in una Baselworld che promette un format
rinnovato, e le marche che decideranno di sperimentare la nuova formula espositiva di Ginevra.
Sarà una trasformazione nteressante, sti olante, che già accende la curiosità per un’industria ch , fortuna-
tament , davanti a momenti di difficoltà non invoca inesistenti maghi (si trattava di industriali e gruppi di in-
vestitori bancari, a ben vedere), ma ha il coraggio di sperimentare il cambiamento. Peggio per chi, crogio-
landosi nella nostalgia, non ci sarà a vederlo.
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