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I
l barocco in Germania tira ec-
come. E ai due Dioscuri del
barocco teutonico, i coetanei
Bach e Händel, nati entrambi nel
fatidico 1685 (come anche il napo-
letano Domenico Scarlatti), il Paese
di Goethe, Schiller e della Merkel
dedica da tempo due splendidi Fe-
stival, da cui abbiamo tutto da im-
parare noi che apriamo i Conserva-
tori al pop e i Teatri lirici al rock. Se
un popolo si vede dalla cura che ha
del suo passato, non c’è dubbio che
quello tedesco è tra i più civilizzati
in Europa, perché è vera la convin-
zione che chi non ha cura del suo
passato, non ha neanche un grande
futuro.
Nel cuore della Germania a un’ora
di treno dalla stimolante Berlino,
Lipsia ed Halle (Saale) hanno avu-
to un ruolo importante nella storia
della musica europea. La prima è
stata protagonista degli ultimi tre
decenni di vita di Johann Sebastian
Bach, che è sepolto in una semplice
tomba di basalto rosso nella gotica
Thomaskirche dove
era impegnatissimo
Kantor, la seconda
certo meno celebre
ha dato i natali al
cosmopolita Händel.
Ogni anno le due città
sorelle quasi rivaleg-
giano per sontuosità
della programmazio-
ne musicale e il Fe-
stival di Bach a Lip-
sia e quello gemello
di Händel ad Halle
sono ormai seguiti
non solo dal pubbli-
co tedesco ma ormai
da un uditorio internazionale. Bach
è celebrato a Lipsia, che festeggia
quest’anno il suo millennio di vita,
dal 12 al 21 giugno. Protagonista
sarà la Gewandhaus ( che fu diretta
anche da Mendelssohn e vide molte
prime importanti come
il Deutsches Requiem
di Brahms) per la serata
inaugurale diretta da Ric-
cardo Chailly (musiche
sacre di Verdi e Rossini).
Alla Chiesa di S. Nicola e
alla Thomaskirche risuo-
neranno le note di alcune
Cantate sacre bachiane
col Coro da camera di
Colonia ed il Collegium
Cartusianum. Non man-
cheranno all’appello le
Variazioni
Goldberg,
alcuni Concerti brande-
burghesi e altre musiche
strumentali d’assieme, la
celebre Messa in si mi-
nore, la Passione secondo
Giovanni con il Colle-
gium Vocale Gent diretto
da Herreweghe, mottetti e
Bach Reflections in jazz.
L’occasione è anche ghiotta per vi-
sitare gli archivi di Lipsia con i loro
libri rari, manoscritti, documenti e il
Museo Bach interattivo e multime-
diale. Un’ esplosione di musica: oltre
cento manifestazioni in dieci giorni.
Forse ancora più stimolante, visto
che conosciamo molto meno in per-
centuale di Händel che del genio di
Eisenach, il Festival di Halle dal 30
maggio al 14 giugno, ove si possono
intercettare rarità assolute e primizie
come opere o oratori oltre a visitare
la casa museo del musicista arricchita
da strumenti d’epoca. Il concerto di
gala inaugurale è affidato alle doti del
grande controtenore francese Philip-
pe Jaroussky, ma a farla da padroni
sono tre impegnativi titoli di melo-
drammi anche in versione scenica:
l’Alessandro (6-8 giugno) nel Teatro
storico di Goethe a Bad Lauchstädt
per la direzione di George Petrou,
l’Imeneo (7 giugno) diretto da Fabio
Biondi sul podio dell’Europa Galante
e la Semele (12 giugno) col Concerto
Kӧln e il Collegium Vocale Gent di-
retti da Ivor Bolton. E c’è anche uno
spettacolo pirotecnico finale a suon
di musica ( händeliana naturalmen-
te) nella Galgenbergschlucht. Allora
Zum whol. Che l’estate arrivi, ma
a suon di musica e di che musica!
Tanto per dimenticare le tristezze
nostrane, musicali e non.
Lorenzo Tozzi
Georg Friedrich Händel
Johann Sebastian Bach
ALIPSIAEAD HALLE
LAGERMANIAFESTEGGIA
BACH E HÄNDEL
CAV & PAG
TRIONFANO
CON THIELEMANNASALISBURGO
S
in dal primo annuncio,oltre
un anno fa, dell’interpretazio-
ne di Christian Thielemann
per “Cavalleria rusticana” e per
“Pagliacci” al Festival di Pasqua
2015 quest’idea aveva suscitato sui
giornali e tra i melomani a nord del-
le Alpi un grandissimo clamore. E
non poche voci dell’opinione pub-
blica austriaca e tedesca si erano
affrettate a rievocare quanto Gustav
Mahler avesse amato la partitu-
ra di “Cavalleria rusticana”, il suo
innato “senso del folclore italia-
no”, contribuendone alla notorietà
e alla diffusione rappresentativa in
tutto il mondo, oltre che illustran-
done il valore musicale nelle lettere
come nei giudizi a voce. Quanto a
“Pagliacci” è noto a tutti che è sto-
ricamente considerata l’opera del
nostro repertorio che ha conosciuto
in assoluto il maggior numero e le
più frequenti rappresentazioni, an-
che negli anni del Terzo Reich. Que-
sti due pilastri del verismo italiano
tra 800 e 900 non si erano finora
mai allestiti a Salisburgo non solo
agli Osterfestspiele. Di qui inevi-
tabili le premesse del trionfo arriso
a questi due spettacoli (dal 1926 si
danno appaiati e oltre oceano si in-
titolano Cav & Pag) nelle serate del
28 marzo e del 6 aprile al Grosses
Festspielhaus di Salisburgo con un
esito artistico ed economico quale
non s’era più verificato dai tempi di
Herbert von Karajan.
Secondo la mia consueta pratica
ho frequentato il secondo ciclo del
Festival di Pasqua, cominciando
con l’assistere la sera di Venerdì
Santo all’esecuzione della verdiana
“Messa da requiem” condotta dal
maestro berlinese con tenace e ca-
pillare concertazione, imponendo
ai bravissimi strumentisti della Sta-
atskapelle Dresden, al grande Coro
della Radio Bavarese e ai solisti di
canto dei tempi nervosi e stringen-
ti, che hanno richiamato alla mente
una certa suggestione delle perfor-
mances di De Sabata. Sono apparsi
quindi sottolineati con marcata au-
torevolezza gli aspetti morfologica-
mente caratterizzanti di questa parti-
tura concepita da Verdi nel segno di
una voluta maestosità di accenti non
soltanto negli episodi di severa scrit-
tura contrappuntistica come il Kyrie
(sulle parole “quam olim”), l’Offer-
torio “Domine Jesu”, il Sanctus, la
sezione centrale del “Libera me”.
Thielemann non ha lesinato il risalto
al cupo incedere della parte mediana
del Lux aeterna e soprattutto ha im-
presso un peculiare vigore propulsi-
vo al Dies Irae intendendolo il vero
e proprio fulcro dell’intera opera,
così come l’aveva concepita l’auto-
re stesso, al centro della messa per i
defunti. Non meno illuminati a do-
vere il senso di terrore del Mors stu-
pebit, l’ampiezza di respiro del Res
tremendae majestatis, l’invocazione
accorata del Qui Mariam absolvisti,
e del finale Pie Jesu Domine. Sugli
scudi, oltre alla Staatskapelle Dre-
sden (che alla Semperoper suona
300 sere per stagione), il sicuro ren-
dimento del Coro della Radio Ba-
varese, addestrato ottimamente da
Peter Dijkstra, anche nell’evocare in
certi momenti l’intensità meditativa
di un complesso luterano, nonché il
quartetto dei solisti di canto: il so-
prano drammatico Liudmyla Mo-
nastyrska (qua e là qualche eccesso
di vibrato), il mezzosoprano Anita
Rachvelishvili, il tenore Jonas Kauf-
mann, il basso Ildar Abdrazakoy.
La sera di Sabato Santo ancora sul
podio della Staatskapelle Dresden
c’era Christian Thielemann con un
programma orchestrale di grande
impegno musicale, tra Sciostakovic
e Čajkovskij. In apertura si è ascol-
tata l’esecuzione del Concerto per
violino e orchestra n° 1 in la minore
op. 77 di Sciostakovic, composto nel
1947 con dedica a David Oistrach
che poté suonarlo in pubblico sol-
tanto nel 1955 assieme alla Filarmo-
nica di Leningrado condotta da Ev-
genij Mravinskij, cioè dopo la morte
di Stalin. Infatti questo gigantesco
lavoro contempla varie peculiarità a
cominciare da un intenso, cupo sot-
tofondo, intriso di turbamenti e tor-
Pagliacci
: Dimitri Platanias, Jonas Kaufmann, Tansel Akzeybek, Maria Agresta.
© Andreas J. Hirsch